Per una serie di coincidenze Beauty Industries di Ausonia ha l'aspetto di un film muto di fine '800 tradotto in fumetto. Tuttavia l'accostamento di Beauty Industries all'epoca del muto non è il fine dell'autore ma una scelta stilistica che serve a dare maggiore forza alla critica sociale espressa nel fumetto.
Beauty Industries è muto perché Ausonia descrive una società in cui avere relazioni interpersonali significa spuntare buoni contratti e il linguaggio della compravendita, della contrattazione e della permuta ha soppiantato il linguaggio della cordialità, della cortesia e dell'interesse per il prossimo. Questa visione delle cose è riassunta in modo significativo dal dittico formato dalle vignette 11 e 12: il protagonista volta le spalle a un uomo che sta morendo e sorride perché ha visto una farfalla, cioè un oggetto raro che caccia per rivenderlo a caro prezzo a un commerciante.
E' interessante anche la sequenza in cui l'uomo cattura la cantante, altro oggetto appetitoso da rivendere, salita in piena notte sui tetti per condividere la sua melodia con i comignoli delle fabbriche.
Guardando le vignette (da 18 a 26) si capisce che la ragazza sta cantando perché con la sua voce sveglia il cacciatore, però Ausonia non mette su carta i suoni per mezzo di parole, onomatopee o note musicali. Il talento, l'arte e la bravura della cantante sono irrilevanti perché l'unica cosa che conta è la capacità del sistema di convertirli in denaro. Ausonia non ci fa sentire come canta la ragazza ma ci fa vedere la somma che il talent scout riesce a ricavare vendendola.
Probabilmente questa sequenza va letta come una metafora dell'industria artistica che ricerca novità (l'uomo col retino che cattura la ragazza è il talent scout che cerca nuovi cantanti e generi) da trasformare in mode che verranno imposte dall'alto (la successiva vendita della ragazza al commerciante/discografico).
La bicromia vicina al bianco e nero invece serve da un lato per rendere palpabile la rovina (concreta: del paesaggio; dell'aria che diventa inquinata) a cui porta l'industrializzazione selvaggia e dall'altro lato per suggerire l'aridità interiore che alberga nella società della compravendita.
Date queste premesse - scelta del muto e del b/n e loro motivazioni - era spontaneo chiudere il cerchio disegnando tutte le vignette in widescreen, allacciando implicitamente Beauty Industries all'alba del cinema. Il motivo dietro a questo passo è duplice: legare Beauty Industries in modo diretto al secolo in cui è nata l'età industriale e collegare il fumetto a una forma d'arte - il cinema - che come poche altre necessita della dimensione industriale per prosperare.
Il tema portante di Beauty Industries è la critica al circolo vizioso che porta le persone a produrre oggetti (spesso superflui) per poter acquistare altri oggetti (spesso altrettanto superflui). Il vero guaio nasce quando l'interesse per l'oggetto è sostituito dall'interesse per il suo valore materiale.
Altrettanto importante nell'economia del fumetto è la vignetta n. 71. Il protagonista è sdraiato in un prato e strappa un filo d'erba su cui c'è scritto "Beauty Industries". Ovviamente la scritta non significa che l'erba è prodotta artificialmente dalla famigerata industria... L'erba è naturale e la scritta nasconde un'altra metafora: nella società dell'industria la natura è stata soggiogata e trasformata in bene disponibile.
Una parte dei temi di Beauty Industries è semplice e immediatamente decifrabile e una parte è più complessa. Nessuno di essi però è espresso nel fumetto in maniera banale o pedante. E' un pregio che va ad aggiungersi all'interesse degli argomenti trattati nell'opera e all'abilità e bravura di Ausonia come disegnatore e narratore.
Ringraziamenti: www.libroteka.it
Il blog di Ausonia
Beauty Industries
Ausonia
Leopoldo Bloom Editore
2007
brossurato, 48 pagine, bicromia
8 euro
venerdì 13 febbraio 2009
Beauty Industries di Ausonia (recensione)
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Luigi Siviero
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