Narra la leggenda che al tempo della grande guerra un potente esercito occupò un piccolo e tranquillo villaggio abitato da gente pacifica. I soldati violentarono le donne, mangiarono i bambini e costrinsero gli abitanti alla fame, fino a quando questi, capeggiati da Yusuf, si rivoltarono e uccisero tutti i loro aguzzini.
Tempo dopo arrivò nel villaggio un visir. Stupito di non vedere nessun soldato, si informò e scoprì che c'era stata una rivolta. "Ordinò quindi che tutti gli uomini validi fossero tratti in schiavitù, e impiegati nella costruzione di una città sacra dedicata alla pace. (...) Tutti quelli che sopravvissero ai lavori furono incatenati alle sue mura. (...) Tra tutti, il peggior trattamento fu riservato a Yusuf. Gli vennero slogate tutte le membra, e fu impalato al centro di una grande piazza."
Il protagonista di Un sogno turco di Giancarlo De Cataldo e Giuseppe Palumbo è un armeno di origini umili che fin dall'adolescenza imbocca la via del furto e dell'omicidio. Le sue azioni, potenzialmente criminose, sono sempre caratterizzate da una marcata conflittualità fra il danno arrecato alle vittime e il perseguimento di un bene personale o pubblico che forse potrebbe giustificare la sua condotta.
Così l'abigeato ai danni del mercante Glòk ha lo scopo di procurare quel poco denaro che gli permetta di aiutare la famiglia, costretta a vivere in povertà. Il ragazzo è intimamente convinto che la sua azione è sbagliata, ma al contempo prova sollievo vedendo la gioia sul volto della madre quando le consegna il bottino.
Lo stesso dualismo si ripresenta, ingigantito, quando il protagonista del fumetto uccide Glòk: il mercante è un turco molto influente e l'assassinio può essere visto come un atto di resistenza da parte degli Armeni che tentano disperatamente di difendersi dal genocidio in corso. Il tormento dell’armeno, ormai diventato un uomo, cresce, e forse sapere di avere perseguito un bene superiore ed essere trattato da eroe non allevia fino in fondo la sua pena.
I tormenti e i dubbi lo accompagneranno fino alla vecchiaia: è lui che racconta la leggenda di Yusuf, che può essere vista come una riflessione sulla giustizia e sull’incapacità degli uomini di comprenderla e amministrarla.
Il vecchio è soprannominato il santo e il poeta, ma nemmeno la saggezza gli permette di capire cosa sono il bene e il male. Perché un'azione è valutata come giusta o ingiusta a seconda di chi la giudica? Come possono gli uomini (nella leggenda il visir) trarre i loro simili in schiavitù in nome della pace?
Come Yusuf, anche l'armeno ha ucciso per proteggere il suo popolo, ma nemmeno sapere che quello che subiva la sua gente era un genocidio lo aiuta a placare il rimorso. Nella leggenda l'armeno racconta in forma metaforica il suo travaglio che non è solo dispiacere, ma anche insofferenza per l'incapacità di sciogliere il nodo della differenza tra bene e male.
Nel fumetto di De Cataldo e Palumbo il genocidio degli Armeni è solo accennato perché agli autori non interessa la ricostruzione storica degli avvenimenti. I fatti di un secolo fa sono l'occasione per riflettere su concetti che sono attuali e probabilmente non avranno mai risposta, costringendo chi si addentra a consumarsi come Yusuf.
Entrambi gli autori utilizzano il loro stile per fare in modo che nel fumetto la leggenda e il mito prevalgano sulla realtà, e di conseguenza i concetti e le metafore predominino sui fatti.
De Cataldo ricorre ai frequenti incisi per dare alla fiaba nera un ritmo cantilenante. Palumbo, al quale sono affidate le scelte di regia, stende sul fumetto un velo di antichità e leggenda, accompagnando i testi del romanziere con tavole dalla costruzione semplice e regolare, private quasi sempre dei canaletti (come se fossero piccole pergamene srotolate), e attenuando il vigore del suo tratto con le mezzetinte (o con i colori? Non vorrei che gli originali fossero a colori, e il b/n una scelta imposta a posteriori dall’editore), dalle quali non riescono a non emergere guizzi come ad esempio i bianchi degli sguardi intensi.
Ringraziamenti: www.libroteka.it
Vedi anche:
Intervista a Giuseppe Palumbo.
Un sogno turco
Testi di Giancarlo De Cataldo
Disegni di Giuseppe Palumbo
brossurato, b/n, 144 pagine
Rizzoli
2008
martedì 23 dicembre 2008
Recensione di Un sogno turco
Labels:
autori italiani,
critica,
editori italiani,
Luigi Siviero
post<li>
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento