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venerdì 19 marzo 2010

Magic Press e i traduttori: postilla giuridichese e spiegazione del famosi ritardi Magic

Da quando è scoppiato il caso Magic Press gli addetti ai lavori che hanno parlato della vicenda sono incappati in un errore giuridico molto comune. Praticamente per chiunque non ha frequentato giurisprudenza il "contratto" è un foglio di carta con un testo sottoscritto dalle parti. Gli addetti ai lavori avevano in mente questo concetto di contratto quando hanno scritto le loro centinaia di interventi nei vari blog, forum e siti.
In realtà il contratto, secondo l'art. 1321 del codice civile, non è altro che un accordo fra due o più parti per costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. Non c'è bisogno di foglio di carta: anzi, il foglio di carta è richiesto solo in circostanze particolari (art. 1350). La regola generale vuole che ognuno dia al suo contratto la forma che gli pare, al punto che il contratto può essere anche tacito...
I traduttori e la casa editrice Magic Press hanno stipulato un contratto d'opera intellettuale (art. 2230). Non ha importanza che non ci sia un pezzo di carta...
Ovviamente il discorso cambia se si parla della PROVA del contratto: in questo caso un foglio di carta può essere molto utile, dato che chi vanta un diritto (il traduttore) ha l'onere di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Utile ma non indispensabile, visto che la presenza del nome del traduttore in calce all'albo è di per sé un'ottima prova.
Gli addetti ai lavori hanno parlato anche di scambi di mail fra traduttori e editore. A seconda dei casi le mail possono essere prove del contratto (se le parti hanno raggiunto l'accordo prima di scambiarsi le mail) oppure il contratto vero e proprio (se le parti formano la volontà di contrarre per mezzo delle mail; la prima mail è la proposta contrattuale mentre la seconda è l'accettazione; art. 1326).

Perdonate l'uscita da maestrina. Non volevo fare una lezioncina, visto che è chiaro che agli addetti ai lavori interessa l'aspetto pratico (la prova e l'insolvenza) più che l'inquadramento giuridico della fattispecie, ma dare ai lettori che seguono la vicenda le coordinate per capire che i traduttori non sono "scoperti" dal punto di vista giuridico (vedi per esempio il dubbio espresso in questo forum: "sul contratto purtroppo avevo ragione. non esiste. quindi uno può pretendere un compenso e metterci l'avvocato?").

Dario Mattaliano ha scritto un altro commento interessante, questa volta a proposito dei famosi ritardi Magic:
"Ovviamente in condizioni critiche il traduttore (e il redattore freelance in genere) mette in atto tutta una serie di cose per farsi pagare. La prima che mi viene in mente è ritardare la consegna delle traduzioni per mettere il pepe al culo all'editore (t'oh... vi ho spiegato pure come nascono un buon 50% e più dei ritardi nelle uscite).
Insomma, sì, si cerca di lavorare sempre bene. Ovviamente non si cala la qualità della traduzione in sé (e sinceramente mi verrebbe anche difficile tradurre a cazzo consapevolmente, non saprei neanche come fare) ma non è che ci si stia buoni buoni col piattino in mano, quando dall'altra parte non ci si degna manco di rispondere alle mail.
Alla Free Books ricordo che se non cominciavi a ritardare le consegne col cavolo che si mettevano in moto le procedure per i pagamenti... ecco perché si usciva a singhiozzo, non certo per altro. In 4 lavoravamo tantissimo... avremmo potuto benissimo tenere le 10 uscite mensili se regolarmente pagati. E ricordo come i lettori si lamentassero e uno, per correttezza nei confronti di chi ti dà lavoro, cercava di dare risposte alla buona, quando in realtà la risposta uno non stupido l'avrebbe capita subito: 'guardate che noi abbiamo tutto sempre pronto per tempo, ma qui l'editore non ci paga!'"

4 commenti:

  1. Piccolo appunto il "contratto verbale" implica la presenza fisica nello stesso posto dei contraenti e quella di un, ipotetico, testimone esterno al contratto, altrimenti questo non è valido.

    Comunque manca sempre la presenza di un qualsiasi sindacato. Ma ovviamente a loro interessano solo i contratti a tempo determinati, li possono lucrare meglio.

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  2. Fosse così facile come dice la legge. In realtà, nel mondo reale, l'accordo verbale non serve a nulla, le conversazioni via mail pure.
    Vedi? Non voglio dilungarmi con inutili particolari, ma il problema è sempre provare i tempi degli accordi e il loro rispetto da ambo le parti. Visto che le email semplici possono facilmente essere taroccate, è ovvio che non puoi usarle in una causa in cui sono coinvolti ritardi, non perché non sia materialmente possibile, ma perché l'avvocato della parte avversa ti smonta in pochi istanti. Ed è solo uno dei tanti motivi.
    Sì, puoi cercare di fare valere i tuoi diritti, ma senza un pezzo di carta, se la parte avversa intende non pagarti, ti porta via anni e anni e può anche essere che ti faccia una controcausa, millantando mancanze di quella che è in realtà la parte lesa. Non se ne esce più...
    Per non parlare del fatto che quando si è in città differenti, anche i costi di una causa cambiano radicalmente.

    Insomma, la legge è garantista solo sulla carta, in realtà non garantisce un bel nulla perché le difficoltà per chi vuole far valere i propri diritti e le scappatoie per chi vuole sfuggire ai propri doveri, sono praticamente infinite.

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  3. "Piccolo appunto il "contratto verbale" implica la presenza fisica nello stesso posto dei contraenti e quella di un, ipotetico, testimone esterno al contratto, altrimenti questo non è valido."

    No, l'unico contratto che necessita di testimoni è il matrimonio.
    Quando comperi un fumetto in edicola non hai bisogno di testimoni per stipulare il contratto di compravendita, come non ne hai bisogno se presti il fumetto a un amico (contratto di comodato).

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  4. @Dario: nel post volevo dire le stesse cose che hai scritto tu nel commento tranne una. Penso che i traduttori non abbiano problemi a dimostrare i loro diritti. Il nome dei traduttori è stato scritto sugli albi, quindi è sufficiente per provare che hanno lavorato per la casa editrice. Se non avevano tradotto nulla il loro nome non finiva lì.

    Il discorso sulle mail era solo una finezza teorica.

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